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I miei due padri, RIP

Ho avuto due padri.

Il primo è morto nell'inverno del 2007. Era seduto a tavola, con mia mamma che gli serviva la cena. L'aveva aspettato, come sempre troppo, guardando l'orologio e la tv, chiedendosi preoccupata se gli fosse successo qualcosa. Il gancio del carroponte, il tornio...

Il secondo è morto il 22 febbraio di otto anni fa, quando le mie lacrime erano ormai finite.

Il mio primo padre se l'è portato via un ictus. Devastante abbastanza da togliergli le parole per sempre, bastardo quanto basta per condannarlo su una sedia a rotelle e a una vita di non autosufficienza.

Per un uomo come lui, la peggior condanna che gli potesse capitare in sorte.

Aveva 77 anni. Le origini contadine, la guerra, i sacrifici, il duro lavoro, il boom economico da cogliere al volo, le crisi economiche dietro l'angolo. Una vita mai fermo, frenetica fino all'ultimo.

Se avessi imparato dal mio primo padre un decimo delle cose che sapeva fare, ora potrei affrontare da sola una gara di sopravvivenza in condizioni estreme.

Porto con me la sua cocciutaggine, i suoi cinque minuti di ira a cui segue la quiete, la sua generosità, la convinzione che bisogna vivere al massimo ogni momento senza mai rimandare nulla, le sue frecciate ironiche per tutti, nessuno escluso.

La sua perdita mi ha sconvolta come nient'altro prima nella vita, facendomi approdare, veramente e alla buon'ora, nell'età adulta.

Il mio secondo padre mi ha insegnato che cos'è la dignità, che non ha mai perso nemmeno in quei cinque anni intrappolato dentro al suo universo insondabile, e la caparbietà di non arrendersi mai, neanche di fronte al più avverso destino. Tra i miei più indelebili ricordi, quella carezza sulla mia guancia, accompagnata dal suo sguardo indagatore e muto, in una sera primaverile di quell'incredibile 2007.

Oggi, nell'anniversario della sua seconda morte, scrivo per dire grazie a quei miei due padri e all'incredibile donna che hanno avuto la fortuna di avere accanto nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia fin che morte non li ha separati, e forse chissà... poi riuniti.

Grazie per non avermi mai costretta ad essere quella che non ero per assecondare i vostri sogni, lasciando spazio ai miei!

La vita che ho la fortuna di vivere oggi la devo soprattutto a voi.








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